giovedì 14 luglio 2011

Sant'Erasmo: le mani dei clan sulla zona Porto

Terra di frontiera, terra di nessuno. Così appare oggi il rione Sant’Erasmo (zona orientale di Napoli) dopo l’ondata di arresti che, nelle scorse settimane, ha decapitato i vertici criminali della cosca Montescuro (capoclan Carmine Montescuro conosciuto come “o zì Mnuzz”). Un ‘giro di vite’ da parte della squadra mobile della questura di Napoli che ha portato all’arresto di dodici persone, accusate di associazione per delinquere finalizzata alla commissione seriale di rapine di tir e di estorsione ai danni di imprese appaltatrici di opere pubbliche. Un’organizzazione del malaffare dotata di numerosi automezzi grazie ai quali si simulavano incidenti stradali in modo da bloccare il traffico e assaltare così i malcapitati camionisti che venivano così ‘spogliati’ del loro prezioso carico. A finire nella morsa della legge il vecchio padrino 76enne Carmine e alcuni dei suoi fedelissimi tra cui Guido Astro (di anni 67), un vero e proprio ‘esperto’ nelle rapine ai tir e Ferdinando Ottaviano (anni 52). Da allora l’aria all’interno del rione si è fatta pesante, anzi pesantissima. I ‘guaglioni’ del clan si sono ritrovati senza il loro direttivo e hanno visto ridimensionare sensibilmente le loro ‘entrate’ (derivanti in gran parte dal fiorente mercato della ricettazione e dai furti all’interno dei container custoditi nel vicino porto). Non solo, la zona, un tempo fortino inaccessibile, si è ritrovata ‘scoperta’, difficilmente difendibile e à la mercè di possibili rapinatori occasionali. Quello che un tempo era il regno di Carmine Montescuro (famoso negli ambienti della malavita per la sua abilità diplomatica e per la sua capacità di farsi ascoltare e di incutere rispetto nei maggiori capoclan napoletani) appare oggi una carcassa in balia degli avvoltoi. Il riferimento in questo caso è ai due clan maggiormente interessati a subentrare al sodalizio criminale di “zì Mnuzz”, i Mazzarella e quel che resta del vecchio clan Sarno. Queste, secondo gli investigatori, le due cosche pronte ad approfittare della situazione, pronte a sfruttare gli enormi profitti garantiti dalla zona, ‘paradiso’ dei ricettatori di ogni specie e di ogni traffico illecito. Un quadrilatero di strade e vialoni periferici (via Benedetto Brin, via Calabria, via Brecce a Sant’Erasmo e via Granturco) che potrebbe ben presto essere ‘convertito’ a piazza di spaccio per il fiorente mercato degli stupefacenti. Secondo fonti della polizia proprio la prossimità del rione alla zona portuale potrebbe costituire un canale privilegiato per lo smistamento della droga. Un progetto, quest’ultimo, che potrebbe concretizzarsi in tempi brevi, risolvendo i malumori degli affiliati della zona che in questo caso si vedrebbero nuovamente assicurate delle entrate economiche. Un piano che porterebbe la zona di Sant’Erasmo agli antichi fasti, quando la zona era punto di riferimento privilegiato per i contrabbandieri di sigarette.  Per i Mazzarella il controllo di Sant’Erasmo significa uscire dall’isolamento nel quale il clan è stato costretto dopo l’ondata di arresti che ne hanno ridimensionato il peso criminale. Per i reduci dei Sarno una sorta di rivincita ma anche una zona che presenta tratti di continuità geografica con la vicina Ponticelli. Una scalata vera e propria che potrebbe portare problemi e i problemi, si sa, negli ambienti della camorra significano proiettili e lenzuola bianche sui selciati della città.

domenica 15 maggio 2011

Quel pomeriggio di un giorno da cani

Quel pomeriggio di un giorno da cani. Il titolo di un film famosissimo con uno straordinario Al Pacino ma anche il triste destino, reale, di decine e decine di cani impiegati senza pietà nei combattimenti clandestini. E tutto made in camorra. Già, i cani dei clan, costretti a sopravvivere negli incontri all’ultimo sangue organizzati da aguzzini senza scrupoli, il tutto in ossequio a sua maestà denaro. Il fenomeno purtroppo non è nuovo ma negli ultimi tempi sembra essere cresciuto a dismisura. Perché fa soldi facili e perché è sottoposto a controlli minimi. Il giro d’affari legato alle scommesse clandestine sui cani è stato stimato in circa 600 milioni di euro l’anno. La singola scommessa può partire da un minimo di 150-200 euro fino ad arrivare a decine di migliaia nei combattimenti tra i cosiddetti “mostri” , quei cani che vantano al loro attivo più di cinque combattimenti vinti. Le lotte canine possono andare avanti dai trenta a quaranta minuti, anche se sono stati segnalati incontri che sono durati più di cinque ore. Secondo alcune  testimonianze “sul campo” se un animale non mostra particolare inclinazione all’aggressività può  addirittura rischiare di essere abbattuto con un colpo di pistola dal suo stesso proprietario. Il vincitore invece riceve le cure di veterinari o medici o infermieri sul posto. L’animale viene risparmiato alla morte ma la sua vita solitamente non va oltre i quattro anni a causa delle ferite riportate e delle conseguenti mutilazioni di orecchie, naso e in alcuni casi degli arti. Queste battaglie vere e proprie sono il risultato di violentissime forme di addestramento, vere e proprie torture, inflitte ai cani fin da cuccioli. Mastiffs, pitt bull e boxer le razze più utilizzate in un settore criminale sempre più in espansione. Basterebbe tutto questo a sintetizzare il livello di efferatezza raggiunto da alcuni individui che chiamare uomini appare un pallido eufemismo. A tutto questo marciume si aggiungono contorni ancora più agghiaccianti. Questi incontri, queste “palestre del massacro” sono state delegate dai clan camorristici (specie quelli dell’area nord e dei quartieri Poggioreale e Barra) ai rom che, nelle loro bidonville personali, “allevano” gli animali a suon di calci e di violenza gratuita. Templi di degrado dove non c’è norma igienica né alcuna legge che tuteli quelli che dovrebbero essere “i migliori amici dell’uomo”. Non solo. Per incattivire ancor di più l’animale, lo stesso viene eccitato somministrandogli dosi massicce di cocaina brown, un tipo di cocaina tagliata con polvere da sparo che, una volta introdotta nell’organismo crea effetti psicosomatici considerevoli provocando soprattutto un’alterazione del comportamento tendente all’aggressività. Un aspetto da considerare con molta attenzione visto che, negli ultimi tempi, tale stupefacente appare essere tra i più richiesti sul mercato. Sostanza ottenuta attraverso un mix micidiale che sui malcapitati animali ha un effetto devastante. Un dato allarmante testimoniato da numerosi veterinari secondo i quali “l’uso di tali sostanze produce negli animali effetti tre volte più gravi rispetto al loro utilizzo negli esseri umani. L’animale subisce dei disturbi all’apparato respiratorio e forti implicazioni dal punto di vista comportamentale. Aggressività, ipertensione e nervosismo cronico”. Come  a dire vita da cani. In questo caso senz’altro vero. Purtroppo.

sabato 14 maggio 2011

Sexy bingo

Vendersi l’anima al diavolo. A suon di puntate. Un triste gioco di parole ma quanto mai veritiero se il riferimento è a diverse sale giochi e sale bingo del quartiere San Carlo all’Arena e dell’hinterland partenopeo (Mugnano e Melito), teatro di singolari episodi di degrado sociale e di precarietà non solo economica ma morale. Gioco e sesso, un binomio pericoloso, che trascina con sé intere famiglie distruggendole dall’interno e portandogli via tutto, soldi, immobili, dignità. Sì perché protagoniste di questa singolare vicenda sono moltissime casalinghe, le cosiddette “madri di famiglia”, che spinte da un’irrefrenabile malattia del gioco spendono in maniera cospicua interi stipendi davanti le macchinette da videopoker, nei bingo e nei macchinari di black jack posti nelle sale giochi. Spendono così tanto da indebitarsi con i proprietari di tali esercizi commerciali o con occasionali strozzini del gioco che prestano loro soldi. Indebitate a tal punto da dover ripagare i loro debiti con prestazioni sessuali, sesso di bassa lega consumato fugacemente nei bagni e nei magazzini di queste sale bingo; moltissime  le casalinghe che stanche della solita routine e sperando di poter arrotondare un po’ lo stipendio spendono migliaia di euro nelle sale bingo, un fiume di soldi che si trasforma in debiti di gioco non facilmente onorabili; e da lì la scelta di vendere il proprio corpo per evitare che la notizia trapeli all’esterno delle sale giochi. Una “pratica”  degradante che non è limitata ad alcuni casi sporadici ma che ha assunto negli ultimi tempi proporzioni enormi tant’è che molti sono coloro che giurano di aver assistito in prima persona a questa “vendita a buon mercato”. Come Antonio, assiduo giocatore che racconta ciò che ha visto. “Molte sono le casalinghe che frequentano le sale bingo. Ancora di più quelle che giocano moltissimi soldi davanti le macchinette perdendo tutto o quasi. La maggior parte di queste donne per ripagare i debiti così accumulati decide di concedersi nei bagni. Ho assistito personalmente ad una di queste scene. Molte donne si indebitano con persone che frequentano le sale giochi con il solo scopo di prestare soldi da farsi restituire “per natura”. Sono dei veri usurai che non chiedono soldi ma favori sessuali. E’ uno schifo che fa capire quanto possa essere forte la malattia del gioco”. Un morbo contagioso che si insinua in punta di piedi ma che, una volta conquistata la “vittima” di turno, non molla la presa. Per Napoli l’ennesimo scandalo sessuale, un altro sexy gate dopo la notizia trapelata nei giorni scorsi relativa alle prostitute e ai trans gender  che frequentano la zona della stazione centrale che, in spregio al buon senso e alla morale, consumano i loro rapporti all’aria aperta, sui cofani delle macchine parcheggiate o addirittura sui marciapiedi. Incuranti di tutto e tutti. Come le casalinghe protagoniste di questa singolare vicenda, all’apparenza irreprensibili madri, mogli, sorelle senza grilli per la testa. Donne che da malate del gioco si trasformano in vere e proprie schiave.

mercoledì 11 maggio 2011

Quando il diavolo ti ruba l'anima...

Vendersi l’anima al diavolo. A suon di puntate. Un triste gioco di parole ma quanto mai veritiero se il riferimento è a diverse sale giochi e sale bingo del quartiere San Carlo all’Arena e dell’hinterland partenopeo (Mugnano e Melito), teatro di singolari episodi di degrado sociale e di precarietà non solo economica ma morale. Gioco e sesso, un binomio pericoloso, che trascina con sé intere famiglie distruggendole dall’interno e portandogli via tutto, soldi, immobili, dignità. Sì perché protagoniste di questa singolare vicenda sono moltissime casalinghe, le cosiddette “madri di famiglia”, che spinte da un’irrefrenabile malattia del gioco spendono in maniera cospicua interi stipendi davanti le macchinette da videopoker, nei bingo e nei macchinari di black jack posti nelle sale giochi. Spendono così tanto da indebitarsi con i proprietari di tali esercizi commerciali o con occasionali strozzini del gioco che prestano loro soldi. Indebitate a tal punto da dover ripagare i loro debiti con prestazioni sessuali, sesso di bassa lega consumato fugacemente nei bagni e nei magazzini di queste sale bingo; moltissime  le casalinghe che stanche della solita routine e sperando di poter arrotondare un po’ lo stipendio spendono migliaia di euro nelle sale bingo, un fiume di soldi che si trasforma in debiti di gioco non facilmente onorabili; e da lì la scelta di vendere il proprio corpo per evitare che la notizia trapeli all’esterno delle sale giochi. Una “pratica”  degradante che non è limitata ad alcuni casi sporadici ma che ha assunto negli ultimi tempi proporzioni enormi tant’è che molti sono coloro che giurano di aver assistito in prima persona a questa “vendita a buon mercato”. Come Antonio, assiduo giocatore che racconta ciò che ha visto. “Molte sono le casalinghe che frequentano le sale bingo. Ancora di più quelle che giocano moltissimi soldi davanti le macchinette perdendo tutto o quasi. La maggior parte di queste donne per ripagare i debiti così accumulati decide di concedersi nei bagni. Ho assistito personalmente ad una di queste scene. Molte donne si indebitano con persone che frequentano le sale giochi con il solo scopo di prestare soldi da farsi restituire “per natura”. Sono dei veri usurai che non chiedono soldi ma favori sessuali. E’ uno schifo che fa capire quanto possa essere forte la malattia del gioco”. Un morbo contagioso che si insinua in punta di piedi ma che, una volta conquistata la “vittima” di turno, non molla la presa. Per Napoli l’ennesimo scandalo sessuale, un altro sexy gate dopo la notizia trapelata nei giorni scorsi relativa alle prostitute e ai trans gender  che frequentano la zona della stazione centrale che, in spregio al buon senso e alla morale, consumano i loro rapporti all’aria aperta, sui cofani delle macchine parcheggiate o addirittura sui marciapiedi. Incuranti di tutto e tutti. Come le casalinghe protagoniste di questa singolare vicenda, all’apparenza irreprensibili madri, mogli, sorelle senza grilli per la testa. Donne che da malate del gioco si trasformano in vere e proprie schiave.

lunedì 9 maggio 2011

Avanzata a colpi di Videopoker a Ponticelli

Un’avanzata in stile napoleonico, azioni da guerra lampo da compiere nel silenzio e, una penetrazione discreta, graduale ma dall’efficacia notevole. E’ la colonizzazione del business dei videopoker e delle slot machine nella zona orientale di Napoli da parte del clan Mazzarella, un’avanzata costante che potrebbe aprire nuovi scenari nella mappatura geopolitica della criminalità organizzata. Un business da capogiro, affari dai troppi zeri che fanno gola a molti specie in questo momento nel quale il sodalizio criminale dei Sarno di Ponticelli appare snervato e dissanguato dalla scure dello Stato che, attraverso l’azione incessante di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza sembra aver  indebolito cronicamente se non debellato completamente l’azione del clan. E’ in questo contesto che si inserisce l’azione di infiltrazione criminale degli uomini del rione Luzzatti che sembrano aver occupato le caselle lasciate aperte dopo gli arresti, i successivi pentimenti, le perquisizioni  e le confische di beni “subite” negli ultimi mesi dai Sarno.
Ponticelli, Lotto zero, Cercola e gli altri piccoli comuni ad est del capoluogo partenopeo, luoghi che fino a poco tempo fa obbedivano alla logica criminale e alle direttive impartite dalla cosca capeggiata da Ciro Sarno il sindaco, la cui parola era qui vera e propria legge, sembrano essere adesso à la mercè di altri. I Mazzarella, del resto, già in passato hanno dimostrato una straordinaria capacità di inserirsi attraverso i propri uomini là dove il tessuto criminale delle cosche cosiddette autoctone appariva notevolmente indebolito. E’ successo così nella zona del Pallonetto di Santa Lucia, a Forcella e tra i vicoli del centro storico e lo stesso scenario sembra ripresentarsi ora a scapito del sodalizio (i Sarno appunto) che ha nel Rione De Gasperi la propria roccaforte. In questo senso il business dei videopoker e delle macchinette elettroniche è veicolo di questi tentativi di colonizzazione. Vi è da aggiungere poi che ciò che sta accadendo nella zona orientale di Napoli non costituisce un fatto isolato ma si inserisce in una strategia di respiro più ampio che vede i clan del napoletano, e i Mazzarella in particolare, in marcia costante verso i territori della provincia, una marcia tesa alla conquista del mercato dei videopoker. Strategia che ha pagato, e bene, a San Giorgio a Cremano dove i bar e i circoli ricreativi si sono visti costretti a cedere alle “pressioni” criminali dei gregari dei Mazzarella- D’Amico. Disegno criminale che punta anche più a sud, ad Ercolano, dove i partenopei hanno cominciato ad intralciare il lavoro dei clan locali, gli Ascione e i Birra. L’avanzata dei Mazzarella nel regno che fu di Ciro Sarno sembra rispondere alla logica dell’accordo. Sì perché anche se il vecchio padrino insieme ad altri fratelli (Vincenzo e Giuseppe) è passato dalla parte dello Stato, un altro fratello Luciano è rimasto irremovibile sulla sua scelta di vita criminale aprendo in tal modo anche una falla nella famiglia. Molti gregari e manovalanza sembrano aver appoggiato la scelta di quest’ultimo di non pentirsi e anzi, è ipotizzabile concretamente che una parte di questi elementi abbia cercato un accordo sottobanco con esponenti dei Mazzarella, intesa riguardante appunto il business sempre fiorente delle slot machine. Un fiume di miliardi da spartirsi che ridisegna la mappa del potere criminale.

Nell'inferno di Poggioreale

Benvenuti all’Inferno. Non è il titolo di un film, né dell’ultimo bestseller uscito in libreria ma la fotografia reale, impietosa delle condizioni di vita all’interno del carcere di Poggioreale.  Il carcere più grande della Campania, costruito nel 1914, è sempre più specchio reale della situazione critica attraversata dal sistema penitenziario campano e nazionale.
L’Istituto, diviso in  otto Padiglioni che prendono i nomi delle maggiori città italiane, neanche a dirlo è al collasso. Sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie precarie, mancanza di effettivi con il caldo torrido di questi giorni a fare da amara cornice tant’è che all’interno della casa circondariale è nata la figura dell’ “asciugamanista”, la persona detenuta  che, in mancanza di ventilatori e di condizionatori, inzuppa con un telo bagnato le sbarre rese incandescenti dalla temperatura.
I dati sono anch’essi impietosi. Le persone detenute al 30 giugno 2010 sono 2710 a fronte di una capienza regolamentare di 1347; vi sono 1363 persone oltre la soglia consentita costrette a vivere in condizioni intollerabili e inimmaginabili. Nei due reparti maggiormente affollati, il Padiglione Napoli (presenti 455 a fronte di una capienza di 240) e il Padiglione Milano (presenti 385/capienza 200) in una cella si arriva sino a 12-14 detenuti, con i letti a castello impilati per tre quasi fossero delle piccole nicchie. La situazione igienico-sanitaria è ancora peggiore se si pensa che ad esclusione del Padiglione Firenze dove le docce sono comprese nelle celle, negli altri esse sono solo esterne e sono inoltre accessibili soltanto due volte a settimana causa sovraffollamento. A questo poi bisogna aggiungere che vi è una sola cucina per l’intero carcere. Il numero di detenuti presenti oltre la soglia minima consentita e i relativi problemi di sicurezza interna che ne derivano generano anche una riduzione delle ore d’aria, riduzione non compensata da attività formative e scolastiche che sono del tutto assenti, attività invece più che mai necessarie per permettere ai detenuti di reinserirsi di nuovo nel tessuto sociale una volta scontata la pena. Sembra di essere su un vulcano pronto ad esplodere. Un caso su tutti quello del suicidio di Angelo Russo, un sofferente psichico detenuto a Poggioreale perché accusato di aver usato violenza nei confronti di una ragazza, anche lei sofferente psichica, nel dipartimento di salute mentale dove entrambi erano ospiti. Nel marzo scorso, dopo aver manifestato chiari segni di crisi Angelo Russo, detenuto in isolamento, si è tolto la vita. Un episodio drammatico che solleva una serie di questioni su cui è importante riflettere, questioni tutte riguardanti le crepe del sistema penitenziario con Poggioreale al centro della scena. Un carcere dove a partire dalle 18.00 la vita si sospende, i blindati si chiudono e gli agenti deputati alla gestione delle ore notturne si riducono a poche unità. La morte di Angelo Russo è esempio lampante dei limiti strutturali e di organico di un Istituto penitenziario che dovrebbe essere un modello per tutti gli altri.
Una situazione critica, sconcertante, da girone dantesco. Non è un libro né una fiction, questa è Poggioreale.

Lo scempio di I traversa privata Ippolito, quartiere Secondigliano

“Per noi l’emergenza non è mai finita”. Questo il senso della protesta dei residenti della Traversa Privata Prima Ippolito, quartiere Secondigliano, area nord di Napoli. Una situazione divenuta impossibile, al limite della tollerabilità. Il riferimento è ai cumuli di rifiuti riversati sui marciapiedi della strada divenuta una discarica a cielo aperto, una zona grigia di illegalità diffusa, deposito improvvisato di qualsiasi rimasuglio. Per porre rimedio a questa situazione che attanaglia e affligge gli abitanti della traversa e quelli della strada adiacente, via Roma Verso Scampia, il necessario intervento ieri mattina dell’Unità operativa della Polizia Municipale di Napoli che, in collaborazione con l’Asia alcuni esponenti politici, ha dato avvio all’operazione Task Force, un’azione volta allo smaltimento e alla raccolta delle decine e decine di rifiuti divenuti ormai una presenza più che ingombrante per i cittadini del quartiere. Residenti stanchi per una situazione che si trascina da troppo tempo, aggravata dalla presenza in zona di alcune fabbriche che il più delle volte smaltiscono illegalmente in strada i residui del loro ciclo produttivo. Uno spettacolo ignobile ed indecoroso che oltre alle strade e ai marciapiedi ferisce e indebolisce l’immagine della città. Il caso dei rifiuti in questo angolo di Napoli origina purtroppo anche altre problematiche: con il caldo l’odore dei rifiuti diviene insopportabile ed erroneamente c’è sempre qualcuno che crede di risolvere il problema dando fuoco ai cumuli di spazzatura. Oltre ai fumi nocivi sprigionati dalle fiamme che, il più delle volte bruciano materiali plastici altamente tossici, si creano disagi al traffico cittadino, si originano situazioni pericolose. In diverse occasioni i rifiuti si sono ammassati davanti ai tubi dell’acqua e in presenza dei numerosi roghi appiccati su questa strada si sono registrati dei guasti agli impianti idrici e conseguenti difficoltà al normale funzionamento dell’afflusso di acqua potabile per i residenti della zona. Alcuni mesi fa inoltre le fiamme hanno raggiunto i semafori situati all’imbocco della traversa e i tetti di un garage che si trova proprio a ridosso della strada, garage che custodisce delle autovetture, sgomberate in tutta fretta per evitare un peggioramento della situazione.
I problemi sono anche logistici. La traversa infatti è l’unica area di accesso a numerosi parchi privati e fabbricati posti alle spalle di via Roma Verso Scampia, un’area dove i mezzi deputati alla raccolta dei rifiuti non arrivano, una zona dominata dall’abusivismo edilizio e da illegalità diffusa. Molti rifiuti provengono da lì e ne costituiscono prova le diverse bollette ritrovate tra l’immondizia intestate a presunti titolari delle piccole attività industriali che pullulano in quest’area.  L’operazione Task Force si inserisce in tale scenario essendo un serio tentativo per riappropriarsi di questa fetta di territorio ed evitare che esso rimanga terra di nessuno. La Polizia Municipale spera in questo modo di bissare i risultati positivi raggiunti in altre aree della periferia settentrionale della città; altre situazioni limite, dove il fattore comune sembra essere la volontà di strappare tali zone all’anarchia civica e riportarle a livelli di normale vivibilità, quella vivibilità che deve essere restituita alla popolazione troppe volte calpestata di queste aree.