Quel pomeriggio di un giorno da cani. Il titolo di un film famosissimo con uno straordinario Al Pacino ma anche il triste destino, reale, di decine e decine di cani impiegati senza pietà nei combattimenti clandestini. E tutto made in camorra. Già, i cani dei clan, costretti a sopravvivere negli incontri all’ultimo sangue organizzati da aguzzini senza scrupoli, il tutto in ossequio a sua maestà denaro. Il fenomeno purtroppo non è nuovo ma negli ultimi tempi sembra essere cresciuto a dismisura. Perché fa soldi facili e perché è sottoposto a controlli minimi. Il giro d’affari legato alle scommesse clandestine sui cani è stato stimato in circa 600 milioni di euro l’anno. La singola scommessa può partire da un minimo di 150-200 euro fino ad arrivare a decine di migliaia nei combattimenti tra i cosiddetti “mostri” , quei cani che vantano al loro attivo più di cinque combattimenti vinti. Le lotte canine possono andare avanti dai trenta a quaranta minuti, anche se sono stati segnalati incontri che sono durati più di cinque ore. Secondo alcune testimonianze “sul campo” se un animale non mostra particolare inclinazione all’aggressività può addirittura rischiare di essere abbattuto con un colpo di pistola dal suo stesso proprietario. Il vincitore invece riceve le cure di veterinari o medici o infermieri sul posto. L’animale viene risparmiato alla morte ma la sua vita solitamente non va oltre i quattro anni a causa delle ferite riportate e delle conseguenti mutilazioni di orecchie, naso e in alcuni casi degli arti. Queste battaglie vere e proprie sono il risultato di violentissime forme di addestramento, vere e proprie torture, inflitte ai cani fin da cuccioli. Mastiffs, pitt bull e boxer le razze più utilizzate in un settore criminale sempre più in espansione. Basterebbe tutto questo a sintetizzare il livello di efferatezza raggiunto da alcuni individui che chiamare uomini appare un pallido eufemismo. A tutto questo marciume si aggiungono contorni ancora più agghiaccianti. Questi incontri, queste “palestre del massacro” sono state delegate dai clan camorristici (specie quelli dell’area nord e dei quartieri Poggioreale e Barra) ai rom che, nelle loro bidonville personali, “allevano” gli animali a suon di calci e di violenza gratuita. Templi di degrado dove non c’è norma igienica né alcuna legge che tuteli quelli che dovrebbero essere “i migliori amici dell’uomo”. Non solo. Per incattivire ancor di più l’animale, lo stesso viene eccitato somministrandogli dosi massicce di cocaina brown, un tipo di cocaina tagliata con polvere da sparo che, una volta introdotta nell’organismo crea effetti psicosomatici considerevoli provocando soprattutto un’alterazione del comportamento tendente all’aggressività. Un aspetto da considerare con molta attenzione visto che, negli ultimi tempi, tale stupefacente appare essere tra i più richiesti sul mercato. Sostanza ottenuta attraverso un mix micidiale che sui malcapitati animali ha un effetto devastante. Un dato allarmante testimoniato da numerosi veterinari secondo i quali “l’uso di tali sostanze produce negli animali effetti tre volte più gravi rispetto al loro utilizzo negli esseri umani. L’animale subisce dei disturbi all’apparato respiratorio e forti implicazioni dal punto di vista comportamentale. Aggressività, ipertensione e nervosismo cronico”. Come a dire vita da cani. In questo caso senz’altro vero. Purtroppo.
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