lunedì 9 maggio 2011

Nell'inferno di Poggioreale

Benvenuti all’Inferno. Non è il titolo di un film, né dell’ultimo bestseller uscito in libreria ma la fotografia reale, impietosa delle condizioni di vita all’interno del carcere di Poggioreale.  Il carcere più grande della Campania, costruito nel 1914, è sempre più specchio reale della situazione critica attraversata dal sistema penitenziario campano e nazionale.
L’Istituto, diviso in  otto Padiglioni che prendono i nomi delle maggiori città italiane, neanche a dirlo è al collasso. Sovraffollamento, condizioni igienico-sanitarie precarie, mancanza di effettivi con il caldo torrido di questi giorni a fare da amara cornice tant’è che all’interno della casa circondariale è nata la figura dell’ “asciugamanista”, la persona detenuta  che, in mancanza di ventilatori e di condizionatori, inzuppa con un telo bagnato le sbarre rese incandescenti dalla temperatura.
I dati sono anch’essi impietosi. Le persone detenute al 30 giugno 2010 sono 2710 a fronte di una capienza regolamentare di 1347; vi sono 1363 persone oltre la soglia consentita costrette a vivere in condizioni intollerabili e inimmaginabili. Nei due reparti maggiormente affollati, il Padiglione Napoli (presenti 455 a fronte di una capienza di 240) e il Padiglione Milano (presenti 385/capienza 200) in una cella si arriva sino a 12-14 detenuti, con i letti a castello impilati per tre quasi fossero delle piccole nicchie. La situazione igienico-sanitaria è ancora peggiore se si pensa che ad esclusione del Padiglione Firenze dove le docce sono comprese nelle celle, negli altri esse sono solo esterne e sono inoltre accessibili soltanto due volte a settimana causa sovraffollamento. A questo poi bisogna aggiungere che vi è una sola cucina per l’intero carcere. Il numero di detenuti presenti oltre la soglia minima consentita e i relativi problemi di sicurezza interna che ne derivano generano anche una riduzione delle ore d’aria, riduzione non compensata da attività formative e scolastiche che sono del tutto assenti, attività invece più che mai necessarie per permettere ai detenuti di reinserirsi di nuovo nel tessuto sociale una volta scontata la pena. Sembra di essere su un vulcano pronto ad esplodere. Un caso su tutti quello del suicidio di Angelo Russo, un sofferente psichico detenuto a Poggioreale perché accusato di aver usato violenza nei confronti di una ragazza, anche lei sofferente psichica, nel dipartimento di salute mentale dove entrambi erano ospiti. Nel marzo scorso, dopo aver manifestato chiari segni di crisi Angelo Russo, detenuto in isolamento, si è tolto la vita. Un episodio drammatico che solleva una serie di questioni su cui è importante riflettere, questioni tutte riguardanti le crepe del sistema penitenziario con Poggioreale al centro della scena. Un carcere dove a partire dalle 18.00 la vita si sospende, i blindati si chiudono e gli agenti deputati alla gestione delle ore notturne si riducono a poche unità. La morte di Angelo Russo è esempio lampante dei limiti strutturali e di organico di un Istituto penitenziario che dovrebbe essere un modello per tutti gli altri.
Una situazione critica, sconcertante, da girone dantesco. Non è un libro né una fiction, questa è Poggioreale.

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